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Posto sulla sommità di una collina a 496 m.t. s.l.m. lungo il tracciato della Statale n. 5 Tiburtina Valeria, Castelvecchio Subequo conta oggi circa 1100 abitanti.
Il paese è sorto nel Medio Evo per effetto dell'allora diffuso fenomeno dell'incastellamento, quale conseguenza delle invasioni barbariche che portarono alla distruzione ed all'abbandono di molti centri tra i quali la città di Svperaeqvvm, uno dei tre Municipi presenti nel territorio Peligno con Corfinivm(Corfinio) e Svlmo (Sulmona)
Il centro storico, conserva ancora la struttura insediativa del borgo con i suoi antichi palazzi appartenuti a importanti famiglie locali tra le quali i baroni Pietropaoli, Angeloni-Acconcia, Tesone, Ginnetti-Lucchini, Tomassetti-Valeri.
Tra i suoi monumenti si segnalano:
- Il convento e la chiesa di S. Francesco d'Assisi, la cui consacrazione avvenne il 29 agosto del 1288. Nel complesso monumentale sono conservate importanti opere d'oreficeria.
- Le chiese dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista e quella, oggi, di S. Elisabetta, gia della Madonna della Rivera.
- Le chiese campestri di S. Agata, S. Rocco, S. Agapito e della Madonna di Loreto.
La storia, la cultura, le tradizioni e il patrimonio artistico sono gli elementi che caratterizzano questo territorio, in uno scenario ambientale di rilievo che ne completa l’offerta turistica.
Le tradizioni di Castelvecchio Subequo derivano dai riti di rinnovamento e dalle pratiche magico-religiose, caratteristiche delle società agricole e pastorali dell’Abruzzo montano. Il duro lavoro dei campi e la transumanza dei pastori costituiscono le basi della cultura popolare, ancora viva nelle numerose manifestazioni di devozione religiosa. Le feste più attese dell’anno sono legate al leggendario passaggio di S. Francesco di Assisi e si svolgono il 16 e 17 settembre (Stimmate) e il 3 e 4 ottobre (Transito) con numerose manifestazioni civili e religiose. La devozione per S. Francesco è molto sentita per la presenza secolare in paese dei frati Minori Conventuali. Molte sono le credenze ed i rituali legati al culto del santo e al prezioso reliquiario in argento che conserva le Sacre Stimmate e che è portato in processione nei giorni di festa. Da alcuni anni, il 3 ottobre, i sindaci del comprensorio offrono a turno l’olio per la lampada votiva, accesa in onore del santo per tutto l’anno. Nella chiesa di S. Francesco, inoltre, è possibile ottenere la stessa indulgenza plenaria – la Perdonanza Celestiniana – concessa da papa Celestino V alla Basilica di Collemaggio di L’Aquila. Il 24 giugno, solstizio d’estate, si festeggia S. Giovanni Battista, patrono del paese. Il giorno di massima luminosità del sole rappresentava per le popolazioni primitive la fonte primaria di vita, l’elemento vitale per la sopravvivenza. Per festeggiare S. Giovanni si svolge una processione solenne. S. Agata, martire siciliana, protettrice delle puerpere, si festeggia il 4 e 5 febbraio. Il rituale prevede, il giorno 4, la benedizione dei pani votivi a forma di seno e la loro immersione nell’acqua della fontana ritenute miracolosa e con qualità taumaturgiche, soprattutto per prevenire i tumori al seno. La mattina del 5 febbraio i festeggiamenti iniziano con la messa nella chiesa di S. Francesco e la tradizionale fiera. La processione, con la statua portata a spalla dalle donne, la fiera e la distribuzione delle pagnotte si ripetono il 20 agosto in occasione della trebbiatura, ad indicare la scansione del ciclo di produzione agricola. Assai sentita dalla popolazione, anche se di recente istituzione, è la festa di S. Barbara, che si celebra il lunedì di Pasqua. Numerosi castelvecchiesi, costretti ad emigrare, divennero minatori e da questa attività è nato il culto per la Santa. Oltre alla processione, sono preparate le tradizionali ciambelle di sale. S. Rocco, il Santo pellegrino che protegge dalle epidemie, è festeggiato il 16 agosto: la statua ricoperta d’oro è portata in processione per le strade del paese fino alla contrada Aia dove vengono fatti esplodere i fuochi pirotecnici. S. Agapito si festeggia il 17 agosto nella chiesetta campestre di Silvapune, lungo la strada interpoderale per Gagliano Aterno . In passato era meta di pellegrini sia per le reliquie che vi sono conservate, sia perché si usava raccogliere la terra intorno alla chiesetta che veniva conservata in sacchetti di stoffa, i brevi. Questi erano posti sotto il cuscino o appuntati con uno spillo ai malati per ottenerne la guarigione. In occasione di S. Antonio Abate, il 16 e 17 gennaio, i cantori girano per le case del paese: in cambio della “visita”, la compagnia riceve salsicce ed altri cibi stagionali, che saranno consumati nella festa conclusiva. La rappresentazione in forma umoristica narra le vicende di S. Antonio in continuamente tentato dal demonio ed è eseguita dal Gruppo Folk Sirente. Tra le tradizioni più affascinanti c’è “l’incanata”, un tipico canto “a dispetto” e di corteggiamento, che nasce durante la mietitura.