Rocca San Giovanni (CH) - Tasting Abruzzo

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Rocca San Giovanni (CH)

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Rocca San Giovanni è un piccolo centro in provincia di Chieti disposto sulla sommità di un colle roccioso che si eleva a 155 metri dal livello del mare tra la foce del fiume Sangro e quella del torrente Feltrino. Le prime tracce della cittadina, reperibili in un diploma firmato dall’imperatore Enrico III indirizzato al Monastero di San Giovanni in Venere, risalgono al 1047.
Ma è il 1076 l’anno che segna la nascita del primo vero nucleo abitato.
Di chiara impronta medievale, Rocca San Giovanni, posta su uno sperone roccioso e circondata interamente da campi coltivati, nel tredicesimo secolo, grazie alla volontà dell’Abate Oderisio II, vive un periodo di splendore: la cerchia dell’abitato viene allargata; si costruisce una possente cinta muraria e tre torri quadrangolari con lo scopo di dare rifugio, in caso di assalti, ai monaci appartenenti all’Abbazia di San Giovanni in Venere; inoltre si edificano chiese e monumenti che con il tempo, purtroppo, sono andati perduti. Si conservano alcuni resti delle mura, un torrione e il campanile, costruzioni oggi sapientemente restaurate.
Da vedere, in stile romanico a tre navate, anche la chiesa di San Matteo Apostolo e il Palazzo Municipale del XIX secolo, di ispirazione classica, sede di un’interessante raccolta di opere d’arte: sculture, pitture, incisioni, disposte sapientemente lungo la scalinata d’onore e nella sala consiliare, sono lì a testimonianza dell’amore per l’arte da parte della cittadinanza.
Da visitare anche il centro storico del paese caratterizzato da piccoli vicoli che un tempo pulsavano di vita e che a poco a poco si vanno rianimando. Discendendo lungo il corso, si raggiunge una splendida terrazza panoramica dalla quale è possibile ammirare la valle sottostante.
Vallevò, stretta fra un mare carezzevole e morbide colline, Vallevò si raccoglie tutta in un pugno: una manciata di case basse affacciate sugli orti, alcuni Trabocchi, e un porto domestico popolato da piccole barche.
Un lembo di terra miracolosamente sfuggito al contagio dell’edilizia moderna.
A chi proviene dalla Statale 16 l’indicazione Vallevò suona già come un invito a scoprire uno degli angoli più pittoreschi della costa abruzzese.
L’Adriatica attraversa l’abitato immerso in una rigogliosa vegetazione: olivi, aranci, nespoli, si mescolano alla fitta macchia mediterranea. Bancarelle allestite qua e là arridono al viaggiatore con l’abbondanza dei prodotti locali: cestelli ricolmi di pesce e frutti di mare si accompagnano piacevolmente ad ortaggi e agrumi.
A chi volesse andare in spiaggia, conviene parcheggiare la macchina per incamminarsi sui sentieri che conducono al mare. Tra cespugli di ginestre e fazzoletti di terra coltivati, si aprono scorci suggestivi. Il litorale, prevalentemente roccioso, è orlato da candide spiagge ciottolose. Il mare, limpidissimo, assume sfumature blu cobalto laddove lambisce gli scogli e si stempera nei verdi cristallini lungo i tratti ghiaiosi.
L’entroterra di Vallevò, al pari della costa, offre non trascurabili motivi di interesse: la morfologia del suolo è infatti caratterizzata dalla presenza di avvallamenti, i cosiddetti Fossi, che si dispongono perpendicolarmente alla costa. I fossi sono solcati da torrenti ed ospitano, tra la vegetazione, delle grotte naturali, che furono, durante la guerra, sicuri nascondigli per partigiani e sfollati.
Il fosso più interessante nella zona di Vallevò è certamente quello delle Farfalle che segna il confine comunale tra i territori di San Vito e Rocca San Giovanni.  Al suo interno, anche per la presenza di acque che vi scorrono perenni alimentate da piccole sorgenti, è racchiuso uno scrigno inaspettato di bellezze e valori naturali di grande interesse.
L’alta e costante umidità permette lo sviluppo di una vegetazione rigogliosa tipica delle più ampie vallate fluviali, ricca di specie arboree e arbustive come pioppi, salici, olmi e più raramente l’ontano nero e la farnia, una quercia dalle spiccate caratteristiche igrofile.
Per quanto concerne il regno animale, invece, comuni sono i mustelidi, in particolare la faina e il tasso, e i piccoli roditori come il moscardino e il topo quercino. Particolare interesse riveste la presenza dell’ormai raro granchio di fiume, il Potamon fluviatile.
Un antica tradizione, confermata anche dal Polidoro, fa risalire all’inizio dell’era volgare la costruzione del Castello di Rocca eretto per difendere gli abitanti dalle incursioni dei nemici.
Ma il primo documento storico in cui viene menzionata Rocca San Giovanni, risale al 1° marzo 1047; si tratta di un diploma firmato dall’imperatore Enrico III per il Monastero di S. Giovanni in Venere e riportato da Ughello nel catalogo dei vescovi di Chieti. Oderisio I°, abate di S, Giovanni in Venere, pensò di raggruppare le popolazioni sparse per i casolari campestri e così nel 1076 costruì una cinta di mura intorno a Rocca ed iniziò la costruzione della Chiesa Parrocchiale, e per ricordo fece scolpire una lapide con la seguente iscrizione:
IN NOME ED A GLORIA DI DIO ONNIPOTENTE ODERISIO PER GRAZIA DI DIO ABATE DI SAN GIOVANNI IN VENERE COSTRUI’ QUESTO LUOGO FORTIFICATO IN DIFESA DEGLI ABITANTI E DEI LORO BENI CONTRO GLI ASSALTI DEI NEMICI NELL’ANNO DELL’INCARNAZIONE DEL SIGNORE 1076 NELLA SEDICESIMA INDIZIONE.
Ad un secolo di distanza e precisamente nel 1176, il pontefice Alessandro III concedeva la proprietà del Castello al Monastero di San Giovanni, confermata nel 1195 dall’imperatore Enrico VI, il quale concedeva in proprietà perpetua all’Abate Oderisio II ed ai suoi successori, tutti i castelli e le borgate che il Monastero aveva acquistato al tempo dei Re di Sicilia Ruggiero I e II; e fra questi vengono specificatamente ricordati Rocca San Giovanni e Fossacesia. Oderisio II fu uno dei migliori abati che governarono il Monastero e per i suoi meriti insigni fu nominato Cardinale. Egli agli inizi del 1200 iniziò la costruzione di altri edifici e monumenti, allargando notevolmente la cerchia del paese, per dar modo ad altri abitanti delle campagne di potervisi rifugiare nell’imminenza dei pericoli che in quei secoli turbolenti turbavano la vita serena dei campi. Rocca allora si abbellì di una fortissima cinta di mura e di tre torri quadrangolari. Delle mura restano oggi solo alcuni avanzi nella parte orientale con una torre merlata dalla forma di tronco di cono a basi rovesciate. Le tre torri, alte e poderose, sono raffigurate anche sullo stemma municipale che porta in campo tre torri merlate sopra un ponte. Delle tre torri, una si conserva in ottime condizioni fino al novembre 1943, quando fu distrutta dalla furia bellica. Sulla facciata rivolta al paese era murata una lapide latina, che è stato possibile salvare, con caratteri Gotico – rustici. Un’altra torre, l’odierno campanile, impreziosisce la piazza con la sua monumentale struttura.
Il 1° Gennaio del 1200 Oderisio mentre inaugurava questi nuovi edifici e i nuovi monumenti, dettava alcune leggi (raccolte nello Statuto del 1200) conservate nell’archivio di Stato recuperate in copia e conservate presso il palazzo municipale, riportate integralmente dal Polidoro nella sua memoria storica su Rocca S. Giovanni. Nella prima disposizione, la Chiesa di San Matteo viene costruita Madre di tutte le Chiese di Rocca: vengono menzionate le chiese di S. Giorgio, S. Silvestro, S. Antonio abate, di cui oggi non resta alcun ricordo. La chiesa di San Matteo nel 1896 veniva allungata ed ampliata al fianco destro con la costruzione di tre cappelle. Altri accomodi e la creazione di una piazza centrale veramente grandiosa ed armonica, hanno contribuito a dare a Rocca un aspetto accogliente ed invitante, che la rendono uno dei paesi più ben costruiti e più dilettevoli della Provincia di Chieti.
L’opera benefica e illuminata di Oderisio II assicurarono a Rocca un lungo periodo di pace di benessere, che durò indisturbato per più di un secolo e precisamente fino al 1346 quando lo stato di pace fu tragicamente interrotto da una lotta funesta con la vicina Lanciano, che non potendo espugnare il castello e catturare l’Abate, rubarono una grandissima quantità di frumento nelle campagne vicine ed appiccarono il fuoco a numerosi edifici.
Sulla fine del secolo XIV durante il grande scisma d’Occidente, il conte di Manoppello Ugone Orsini, fedelissimo della Regina e capo degli Scismatici di tutto l’Abruzzo, assalì l’abbazia di S. Giovanni in Venere e i suoi monaci; dopo un assalto furibondo occupò anche Rocca San Giovanni, ma la foga dell’Orsini si infranse contro le munitissime difese del castello di Rocca dove si erano rifugiati l’Abate ed i monaci. L’Orsini non potette far meglio che cingere d’assedio il Castello, ma visti i vani sforzi incendiò tutto l’abitato di Rocca. Soltanto una folta schiera di lancianesi, fedeli al Papa, venne in aiuto dell’abitato riuscendo a sconfiggere le schiere dell’Orsini ed a liberare l’Abate con i suoi monaci. L’assalto dell’Orsini provocò notevoli danni a Rocca ed alle sue mura ma l’Abate Giacomo Capograsso di Sulmona iniziò l’opera di restauro nel 1400.
Un nuovo flagello venne ad abbattersi su Rocca nel 1456: un violento terremoto procurò danni notevoli all’abitato. Ma da allora Rocca rifiorì e raggiunse uno stato di floridezza, in contrasto con l’abbazia che, dopo tante glorie, si avviò alla decadenza tanto che si rese necessario un decreto Pontificio con cui nel 1588 l’Abbazia e la sua Rocca venivano tolte ai Benedettini e affidate alle cure di S. Filippo Neri. I due luoghi risentirono dei notevoli benefici della saggia e paterna amministrazione del Santo dei sacerdoti e del suo oratorio. I Filippini costruirono a Rocca, sul fianco destro della Chiesa Parrocchiale, il cosiddetto Palazzo dei Filippini, che restò alloggio parrocchiale fin quando fu venduto al demanio pubblico nel 1870. Il palazzo fu in gran parte trasformato e manomesso ed oggi vi rimane solo un avanzo dell’epoca medievale, consistente in un’entrata in pietra a forma di guglia Veneto-Bizantina, oggi restaurato e valorizzato. Un ‘altro terremoto, molto più violento di quello del 1456, colpì Rocca S. Giovanni nel 1672, che distrusse quasi tutta l’abbazia e parte notevole di Rocca.
Nel 1628 le mura orientali di Rocca, che fungono da sostegno all’abitato, vennero ricostruite e nel 1970 restaurate insieme al camminamento interno, mentre le altre mura furono abbattute per dar modo al paese di estendersi e di abbellirsi. Sulla metà del 1770 vicino a Rocca fu stabilito un accampamento di soldati mercenari, al soldo del Re di Napoli, quasi tutti provenienti dalla Dalmazia, di qui l’appellativo di Schiavoni dato ad una contrada di Rocca.
All’inizio del 1800 un caldo spirito di patriottismo e di libertà spirò anche sulla nostra Regione. Rocca non vi rimase estranea ed insieme ad altri centri importanti del chietino partecipò alle lotte ed alle speranze che, fra lagrime e sangue, dovevano far grande, libera ed una la patria. A Rocca infatti fra il 1820 ed il1840 fiorì un’attivissima rivendita della Carboneria: ne erano capi operosi ed illuminati il CROCE ed il MASCI. Riunitasi alla patria comune insieme a tutto il restante territorio del regno di Napoli nel 1860, Rocca iniziò nel 1862 la costruzione di un palazzo municipale di stile medioevale, che ancora oggi rimane tra i più belli e grandiosi dell’intera Provincia di Chieti.
Non possiamo tacere alla fine di questa memoria storica gli avvenimenti veramente grandiosi che martoriarono per lunghissimi mesi il nostro paese insieme agli altri che dovettero subire in modo tanto brutali le offese egli orrori della guerra, che portarono alla distruzione di molte case e dell’antica torre a sud del paese, mentre la Chiesa, il campanile e il camposanto furono danneggiati gravemente dagli attacchi aerei dei nemici. Ricostruiti lentamente e faticosamente dalla laboriosità degli abitanti di Rocca, oggi il Campanile, la Chiesa, il Municipio troneggiano a guardia di una delle piazze più belle dell’intera provincia.

Rocca San Giovanni è situata su un colle roccioso a 154 m s.l.m. E’ in vista del mare tra le foci del fiume Sangro e del torrente Feltrino. Il suo territorio si estende su una superficie di 21,47 kmq su un’area di basse colline. Il paese è un centro prevalentemente agricolo, con la coltivazione di olive, cereali e uva, ma importante è anche l’artigianato e il turismo, soprattutto quello costiero delle zone del Cavalluccio, della Foce e di Vallevò.
Il paese sorge a pochi km da Lanciano. Vi si arriva:
dall’autostrada A14, uscita Lanciano, a 6 km dal paese, seguendo le indicazioni;
dalla SS16 Adriatica, tra Fossacesia e San Vito Chietino, seguendo le indicazioni;
dalla SP exSS524 Lanciano – Fossacesia, seguendo le indicazioni;
dalla stazione ferroviaria di Pescara Centrale, prendendo il treno per San Vito – Lanciano (Ferrovia Adriatico Sangritana o Ferrovie dello Stato) o per Lanciano (Ferrovia Adriatico Sangritana), con successivo autobus per Rocca San Giovanni (Autolinee Di Fonzo).

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