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Nella piana di Sant'Omero (TE), ai margini del torrente Vibrata, sorge l'antica chiesa di Santa Maria a Vico, che pur essendo uno degli edifici sacri più antichi dell' Abruzzo, anteriore all' anno mille, ha conservato, quasi integralmente la sua struttura, infatti la chiesa ha subito numerose manomissioni anche a causa di ripetuti restauri ai quali è stata sottoposta a partire dalla fine del secolo scorso.
La chiesa è stata restaurata una prima volta nel 1885 dal Sacconi, e una seconda volta tra il 1970 e il 1971 da Moretti. In occasione di questo ultimo restauro, per un dissesto statico, crollò un esteso tratto della parete d’ambito di sinistra della navata principale.
Nella medesima circostanza, secondo quanto scrive lo stesso Marcello Sgattoni, al di sotto dell’abside attuale emersero tracce di un’altra più larga “presumibilmente paleocristiana”.
La chiesa romanica risalente al X secolo, presenta una rarissima lavorazione “ad opus spicatum” nella facciata principale e delle transenne lucifere in travertino e terracotta recanti croci di Sant’Andrea e croci greche.
Sull’area dove oggi sorge la chiesa di Santa Maria a Vico, ai tempi dell’imperatore Traiano sorgeva un tempio con due sodalizi, dei quali uno si dedicava al culto di Ercole e l’altro al culto dell’imperatore.
Tutto questo ci viene documentato dal “Decreto dei cultori di Ercole”, lunga epigrafe riportata su una lastra in pietra calcarea (cm.142x72x6) murata all’interno della chiesa.
Sulla lapide è riportato il giuramento che i fedelissimi dell'imperatore Traiano fecero di riunirsi ogni anno in un solenne banchetto nel tempio di Ercole.
Il monumento è di forma basilicale, con abside semicircolare e nella disposizione ripete la nota maniera dei costruttori romanici nell’orientare le proprie basiliche secondo il cammino descritto dal sole.
L’interno è suddiviso in 3 navate, le cui colonne, con robusti capitelli in pietra rozzamente quadrata, sostengono gli archi a pieno centro delle campate. La luce modulata che penetra dal rosone e da una parte dell’alzato della navata centrale, viene accrescendosi verso il presbiterio, ricevendo, questa parte della chiesa , il chiarore indiretto che trapela da una piccola apertura delle navate laterali e quello filtrato da una monofora dell’abside.
Questa penombra fa così risaltare la purezza delle strutture essenziali della severa architettura. L’essenza di una decorazione dipinta o scolpita, l’odore secolare, la luce, che ha un ruolo importante in questo edificio, creano nell’interno uno spazio unitario che avvolge il visitatore in un profondo misticismo e lo invita alla meditazione.
La torre campanaria fu aggiunta nel Trecento, quando anche la facciata subì un'opera di ampio restauro.
L'interno della Chiesa era impreziosito da affreschi di notevole fattura come una Madonna in trono col Bambino colta nel gesto affettuoso di stringerlo al volto, un'Annunciazione e una seconda Madonna in trono col Bambino. Purtroppo lo stato di conservazione consente soltanto di evidenziare indiscutibili cadenze giottesche, assorbite molto probabilmente dall’Umbria.
Ad altra mano e ad anni prossimi alla metà del Trecento sembrano invece doversi riferire alcuni brani di affresco del sottarco dell’ultimo valico sinistro. Sono superstiti un Cristo Benedicente a mezzo busto entro un clipeo e San Giovanni Evangelista.
Nel portale si scorgono dei blocchi di pietra scolpiti “a negativo”, cioè con le figure incassate nella pietra anziché a rilievo. Una di esse è l’agnello con la Croce, il cosiddetto Agnus Dei, ossia l’agnello di Dio. Ci sono poi i simboli degli Evangelisti, con il leone alato di San Marco, il bue alato di San Luca e l’aquila di San Giovanni, oltre a vari motivi geometrici e floreali. Gli studiosi collegano questo tipo di decorazione al revival di elementi paleocristiani dovuti alla riforma gregoriana che ebbe spunto nell’abbazia di Montecassino.
A partire dal 2005 la Sovrintendenza Archeologica di Chieti ha diretto una serie di scavi nei pressi della chiesa, che hanno portato alla luce resti di mura appartenenti ad un’antica struttura absidata di grandi dimensioni. Negli anni successivi, oltre l’aula centrale sono stati messi in luce anche due ambienti laterali, rivelando un impianto analogo a quello della chiesa attuale di Santa Maria a Vico, nonchè numerose sepolture che costituiscono tuttora oggetto di studio. La presenza di alcuni elementi, quali strati di crollo e piani di cenere, fanno pensare che un evento distruttivo, forse un incendio, può aver determinato l’abbandono dell’edificio.
Per arrivarci da Teramo: percorsa la S.S.80 fino a S. Nicolò a Tordino, poco prima del centro abitato si gira a sinistra imboccando la superstrada che collega con la Val Vibrata. Giunti a Sant’Onofrio, si prosegue fino a Garrufo e da qui, girando a destra, si seguono le indicazioni stradali che conducono all’Ospedale di S.Omero percorrendo Via Metella Nuova. Arrivati in corrispondenza dell’Ospedale si gira a sinistra e ci si inoltra nella campagna fino a scorgere l’edificio.